Chi sono i desaparecidos di Ayotzinapa?

Cosa è successo quel giorno ad Iguala? Quello che è sicuro è che un centinaio di ragazzi indigeni provenienti dalla scuola normale rurale “Raúl Isidro Burgos” di Ayotzinapa, si è recato nel capoluogo, a 120 chilometri di distanza, per “sequestrare” tre autobus di una compagnia privata con l’intento di recarsi a Città Del Messico per partecipare all’annuale manifestazione in ricordo della strage di piazza Tlatelolco, dove il 2 ottobre del 1968 oltre 300 studenti furono massacrati dalla polizia.

Va detto che il “sequestro” degli autobus per partecipare alla manifestazione studentesca del 3 ottobre, in Messico, è una “tradizione” che si ripete ogni anno. Tanto è vero che in giorno precedente gli autobus sono lasciati con la porta aperta per evitare scassi, senza benzina, con l’assicurazione in regola e, alla fine, vengono sempre restituiti in buone condizioni. I gestori inoltre, quasi mai sporgono denuncia. Ma stavolta qualcosa è andato storto.

Signor sindaco e signora

Quel venerdì a Iguala era un giorno speciale. Il signor sindaco uscente, José Luis Abarca, presentava il candidato del suo partito, il Prd (centrosinistra), alle prossime elezioni: sua moglie, María de los Ángeles Pineda. L’arrivo degli studenti fu visto come una provocazione e, secondo quanto affermano la Procura e il Governo, fu proprio lui a scatenare la polizia municipale contro i ragazzi. Il primo scontro avviene nel pomeriggio. I poliziotti intimano ai ragazzi di consegnarsi. Gli studenti rispondono con le pietre e la polizia spara, uccide un ragazzo e ne ferisce altri dieci. Verso sera, il secondo scontro. Un ragazzo sputa in faccia ad un poliziotto che gli intima di allontanarsi. Viene arrestato e portato via. Il giorno dopo il suo cadavere sarà ritrovato a 200 metri di distanza con la faccia scarnificata e senza occhi. Nel tentativo di farlo rilasciare, i giovani riprendono a lanciare pietre ma arrivano squadroni di incappucciati che sparano a tutto ciò che si muove. Uccidono un tassista e una signora di passaggio. Sparano su un autobus con i colori simili a quelli degli studenti. Dentro c’è una squadra di una scuola locale e ammazzano un ragazzino. Uccidono altri 2 studenti della rurale e ne feriscono gravemente una ventina. Nel parapiglia, gli incappucciati e i poliziotti sequestrano gli occupanti dell’ultimo autobus, dove c’erano i ragazzi più giovani, quelli dei primi anni. Sono questi i 43 desaparecidos.

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Arrestato il sindaco. Anzi, no. Anzi, sì.

Il giorno dopo, il sindaco di Iguala cerca di sdrammatizzare l’accaduto. “Una scaramuccia con alcuni facinorosi”, ed offre di tasca sua un risarcimento di 60mila pesos (3mila euro) ai familiari delle vittime che i parenti dei ragazzi della rurale di Ayotzinapa rifiutano sdegnosamente, pur se una cifra del genere, per un campesino, non la mette assieme in tutta la vita.

Grazie ai giornalisti locali che erano stati convocati in conferenza proprio durante il secondo attacco, la storia fa il giro del mondo. Il Governo e la Procura Federale sono costretti ad intervenire, arrestando 22 poliziotti municipali. La versione che viene data è che questi siano in combutta con i narcos e che siano stati questi ultimi a massacrare i giovani, dopo che i poliziotti glieli hanno consegnati. Nei giorni seguenti viene tirato dentro anche il primo cittadino che fa in tempo a scappare con la consorte. Verranno arrestati due volte. La prima volta a Veracruz, la seconda in un quartiere di Città del Messico.

Luis Hernàndez Navarro, direttore de La Jurnada, uno dei principali quotidiani messicani che mi ha gentilmente ricevuto in redazione, mi spiega come funziona la faccenda. “Il doppio arresto è, purtroppo, una pratica consolidata nel mio Paese. La Procura prima ha prima dato notizia dell’arresto del sindaco a Veracruz, a casa di un noto trafficante di droga che è padrone di mezza città. Due giorni dopo ha smentito tutto. Altri due giorni dopo e José Abarca è miracolosamente arrestato un’altra volte. Dove? In un quartiere del Distretto Federale che è una roccaforte storica del Prd. In modo da non turbare la tranquillità del noto ed intoccabile trafficante, ma lasciando intendere che il fuggitivo è stato protetto dal suo partito. Insomma, il Pri al Governo non ha perso l’occasione di giocare la partita provando ad addossare tutte le colpe al partito rivale, accusandolo di essere dalla parte dei narcos“.

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Riccardo Bottazzo

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Profilo dell'autore

Riccardo Bottazzo
Giornalista professionista e veneziano doc. Quando non sono in giro per il mondo, mi trovate nella mia laguna a denunciare le sconsiderate politiche di “sviluppo” che la stanno trasformando in un braccio di mare aperto. Mi occupo soprattutto di battaglie per l’ambiente inteso come bene comune e di movimenti dal basso (che poi sono la stessa cosa). Ho lavorato nei Quotidiani dell’Espresso (Nuova Venezia e, in particolare, il Mattino di Padova). Ho fatto parte della redazione della rivista Carta e sono stato responsabile del supplemento Veneto del quotidiano Terra. Ho all’attivo alcuni libri come “Liberalaparola”, “Buongiorno Bosnia”, “Il porto dei destini sospesi”, “Caccia sporca”, “Il parco che verrà”. Ho anche curato e pubblicato alcuni ebook con reportage dal Brasile pre mondiale, dall’Iraq, dall’Algeria e dalla Tunisia dopo le rivoluzioni di Primavera, e dal Chiapas zapatista, dove ho accompagnato le brigate mediche e un bel po’ di carovane di Ya Basta. Ho anche pubblicato racconti e reportage in vari libri curati da altri come, ricordo solo, gli annuari della Fondazione Pace di Venezia, il Mio Mare e Ripartire di FrontiereNews.
Sono direttore di EcoMagazine, sito che si occupa di conflitti ambientali, e collaboro con Melting Pot, FrontiereNews, Global Project, Today, Desinformemonos, Young, Q Code Mag, il Manifesto e lo Straniero. Non riesco a stare fermo e ho sempre in progetto lunghi viaggi. Ho partecipato al Silk Road Race da Milano a Dushanbe, scrivendo reportage lungo la Via della seta e raccogliendo racconti e fotografia in un volume.
Non ho dimenticato la formazione scientifica che ho alle spalle e, quando ho tempo, vado a caccia di supposti fantasmi, case infestate o altri "mysteri" assieme agli amici del Cicap, con il quale collaboro per siti e riviste.
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