L’omicidio di Terni ai raggi x: Studio Aperto sbraita, Salvini ringrazia

di Arber Agalliu

Qualcuno conosce il nome dell’assassino di David, il ragazzo ternano ucciso qualche giorno fa nel centro di Terni? No, nessuno lo sa.
Nessuno conosce il nome perché l’assassino è stato identificato come marocchino, clandestino espulso dall’Italia nel 2007. Sono bastate queste dichiarazioni rilasciate da giornali e telegiornali per scatenare l’ira dei cittadini, i quali giustamente chiedono sicurezza.

La stessa sicurezza che chiedeva Carmela, la donna uccisa lo stesso giorno con ferocia dal suo ex marito Marco Quarta a Trento.
Marco, come l’omicida “marocchino”, non doveva trovarsi in quel posto, il tribunale gli aveva imposto di non avvicinarsi alla ex moglie. Hanno agito entrambi nella stessa maniera, spietati e con una crudeltà inaudita. David è morto davanti agli occhi increduli degli amici, Carmela davanti agli occhi dei suoi figli piccoli.

Dopo aver seguito il telegiornale di Italia1, StudioAperto, del 14 Marzo 2015, decido di consultare anche il sito web dove vengono riportati tutti i servizi di cronaca andati in onda in ordine cronologico.

Analizzando i due omicidi, quello di David e quello di Carmela, mi accorgo subito della differenza di minutaggio riservato alle due tragedie. Per il  delitto di Terni, la redazione ha montato due video, il primo servizio dura 3 minuti e 18 secondi (03.18min), mentre il secondo servizio dura circa 4 minuti (03.57min). Per il secondo caso, quello di Trento, è stato montato un solo servizio di cronaca, il quale dura solamente 1 minuto e mezzo (01.32min).
In totale sono 07.15 minuti per il caso David Raggi e 01.32 minuti per il caso Carmela Morlino.

Studio Aperto David

Il nome di David viene ripetuto continuamente durante i due servizi, più di 10 volte, mentre il termine “marocchino” etichetta un assassino che ha un nome e cognome, Aassoul Amine, ma che viene ripetuto meno rispetto alla sua nazionalità.
Nei servizi di cronaca viene raccontata la vita di David, studente prossima alla laurea, un ragazzo buono e attivo nel mondo del volontariato. Ne parlano i conoscenti, i colleghi ed i famigliari.
Tornando ai fatti di Trento, il nome di Carmela viene citato a malapena una volta, mentre quello del suo aguzzino almeno 3-4 volte in poco più di 1 minuto. Non viene raccontato niente della vittima e della sua vita, sappiamo soltanto che è un’impegata di 36 anni. Viene dedicato invece molto spazio alla figura di Marco, l’ex marito carnefice, il quale era stato denunciato in passato per minacce e maltrattamenti ed era evaso dagli arresti domiciliari per commettere il reato.

“Questa gente non deve stare qui.”
“Non è colpa loro, è colpa dello stato che glie lo permette.”
“Non doveva stare in Italia.”

Queste sono alcune frasi delle interviste rilasciate dai cittadini ternani. Fanno riferimento a “LORO“, nonostante l’assassino sia uno solo ed abbia un nome e cognome.

Decido quindi di fare un controllo veloce della mia pagina Facebook per vedere i commenti degli utenti.
Non nego di essere rimasto non poco scioccato da alcuni post pubblicati dai miei amici virtuali in bacheca.
Messaggi violenti, inneggianti alla pena di morte, alla giustizia fai da te, messaggi che puntano il dito contro gli immigrati, contro i profughi e contro i clandestini. Spesso e volentieri gli individui che pubblicano messaggi del genere non conoscono minimamente la differenza dei termini sopra citati. A caldo commentano, sfogandosi e pensando di puntare il dito contro i colpevoli, ma in realtà puntano il dito contro delle persone per bene che partecipano a rendere migliore questo paese, puntano il dito contro famiglie integrate, puntano il dito contro di me e tantissimi altri che come me sono etichettati come semplici immigrati in Italia.
Scorrendo la bacheca di Facebook, ho letto non solo messaggi violenti ed aggressivi, ma anche tanti messaggi di cordoglio e di avvicinanza rivolti alla famiglia di David. Ciò che non ho letto sono stati i messaggi riguardanti Carmela. Non ho visto un messaggio di condanna nei confronti del marito, non ho letto un messaggio di cordoglio alla famiglia, o di avvicinanza ai piccoli figli.
Sembra quasi che la nostra società si sia abituata, in un certo senso, e non agisca più di fronte ad un femminicidio o di fronte ai maltrattamenti tra le mura domestiche.
O semplicemente un “marocchino” fa più notizia, fa più rabbia perchè non ha diritto di uccidere in un paese che non è il suo?
Ho sentito frasi del tipo “già abbiamo i nostri assassini, non ne vogliamo altri“, ho letto frasi come “lo facessero a casa loro, non qui da noi“.
No, miei cari amici. Un assassino non deve agire in nessuna parte del mondo, un assassino deve essere fermato come in Italia così anche fuori.
Amine e Marco non dovevano trovarsi in quei posti, lo avevano stabilito gli organi giudiziari.

salvini uccisione

Io, come immigrato, condanno fortemente qualsiasi atto violento e chiedo giustizia, proprio come i cittadini di Terni. 

I media decidono a che gioco giocare, decidono quale faccia della medaglia farci vedere.
Non condanno l’ignoranza o la poca informazione delle persone. Condanno la malainformazione, condanno soprattutto quei  politici che nella paura e nella rabbia dei cittadini hanno intravisto un grande guadagno personale.
Sono quei politici “paladini della giustizia“, che con le loro dichiarazioni mettono in dubbio i valori della Democrazia, inneggiando alla violenza.

Vogliono cambiare il mondo con la rabbia, cerchiamo di essere più umani e più sereni.

 


Profilo dell'autore

Arber Agalliu
Odio ripetere il mio nome due volte quando mi presento agli altri, come odio rispondere a chi mi domandano se mi trovo meglio in Italia o in Albania. Io mi sento un italiano albanese a Firenze, ed un albanese italiano a Tirana.

Tra le varie collaborazioni in Italia ed in Albania c'è anche quella con ToscanaTv. All'interno del programma "Toscana senza frontiere" riporto la bella faccia dell'immigrazione, attraverso reportage e interviste da me realizzate.

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